Cambio appalto: l’Italia si adegua alle norme comunitarie.

Come noto, il c.d. “cambio appalto” si verifica in caso di successione tra un imprenditore ad un altro nella gestione di un appalto. Altresì noto è che in Italia la normativa di riferimento è stata contenuta dell’art. 29 del D.Lgs. 276/2003 (il quale si limitava a statuirne una non ipotesi di trasferimento d’azienda) e quindi soprattutto la normativa contenuta nei CCNL applicati.

In ragione di un non perfetto allineamento di questo assetto normativo con quello comunitario, la Commissione dell’Unione Europea ha segnalato al Governo italiano il conflitto tra l’art. 29 nazionale e i principi della Direttiva 2001/23/CEE nella parte in cui escludeva a priori la configurabilità di un trasferimento d’azienda quando l’impresa subentrante in un appalto assume i dipendenti già impegnati dall’imprenditore uscente nell’appalto medesimo.

A seguito dell’avvio di una procedure di pre-infrazione, l’Italia è dunque intervenuta con l’art. 30 della L. 122/2016, modificando l’art. 29 del D.lgs. n. 276/2003. Nel dettaglio, il nuovo comma 3 di tale disposizione, chiaramente ispirato alle più recenti e precursore sentenze di Cassazione sul tema (Cass. 16 maggio 2013, n. 11918; Cass. 15 ottobre 2010, n. 21278; Cass. 8 ottobre 2007, n. 21023; Cass. 13 gennaio 2005, n. 493; Cass. 18 marzo 1996, n. 2254), dispone che “l’acquisizione del personale già impiegato nell’appalto a seguito di subentro di nuovo appaltatore dotato di propria struttura organizzativa e operativa, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale o di clausola di contratto d’appalto, ove siano presenti elementi di discontinuità che determinano una specifica identità di impresa, non costituisce trasferimento d’azienda”.

Dunque, in base al disposto di tale nuova norma pare importante soffermarsi sulle conseguenze. In primis, si pensi a come in passato l’acquisizione del personale non comportasse tout court l’applicazione dell’art. 2112 c.c. ed oggi (rectius: dal 21 luglio 2016) a differenza di oggi. Si pensi in particolare agli eventuali crediti del lavoratore vantati alla data del cambio appalto nei riguardi del primo appaltatore. Per non pensare, eccezion fatta per quei pochi settori merceologici in cui il CCNL di riferimento risultava già così, l’obbligatorietà di assumere tutto il personale impiegato nell’appalto alla data del cambio.

A questo punto, potrebbe essere utile approfondire ulteriormente i termini della questione chiarendo il punto di vista della nostra Suprema Corte la quale, come detto, ha ispirato la novella normativa. A tal proposito non si può tacere che già in passato i giudici di legittimità erano giunti a qualificare più cambi appalto quali trasferimenti d’azienda nel caso in cui, oltre all’assunzione da parte del nuovo appaltatore dei dipendenti già addetti all’appalto, si verificava anche il passaggio di beni di non trascurabile entità, tali da poter parlare di passaggio di una vera e propria organizzazione economica.

Pertanto, secondo la nuova normativa italiana in caso di cambio appalto gli indici discriminatori per la qualificazione o meno di un trasferimento d’azienda saranno rimessi all’esistenza o meno di una propria struttura organizzativa e operativa dell’imprenditore subentrante, nonché alla presenza o meno di elementi di discontinuità nella gestione dell’appalto (beni e mezzi di lavoro).

Non resta che attendere le future pronunce in materia per comprendere ulteriormente la portata della nuova normativa.

Data rilascio: 8.9.2016