Jobs act – al via le tutele crescenti

Durante il Consiglio dei Ministri del 20 febbraio 2015 è stato definito il decreto delegato relativo alle c.d. “tutele crescenti”. Il decreto scrive una serie di norme organiche in tema di tutela in caso di licenziamento illegittimo valevoli per i nuovi assunti.

L’entrata in vigore del provvedimento in esame è stimata per il prossimo il 1° marzo 2015, giorno successivo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (che dunque dovrebbe essere il 28 febbraio 2015).

Di seguito rimettiamo l’analisi di merito. Lo Studio, tuttavia, è già impegnato nel promuovere una serie di incontri a tali temi con i propri clienti.

Saranno soggetti alle nuove disposizioni oltre che tutti i nuovi assunti e tutti i dipendenti del datore che (a seguito di nuove assunzioni) abbia superato le soglie numeriche previste dall’articolo 18 della legge n. 300/1970, anche i lavoratori assunti con contratti a termine e di apprendistato che verranno convertiti a tempo indeterminato dopo che il decreto sarà definitivamente entrato in vigore.

Il nuovo assetto normativo prevede che in caso di licenziamento illegittimo, qualunque operaio, impiegato o quadro (non anche dirigente),  occupato a tempo indeterminato presso un datore di lavoro con qualunque requisito dimensionale, possa beneficiare di una tutela piena in caso di licenziamento nullo (perché ad es. discriminatorio), inefficace perché intimato in forma orale oppure qualora un Giudice abbia accertato un difetto di giustificazione in un licenziamento il cui motivo addotto sia consistito nella disabilità fisica o psichica del lavoratore licenziato. La tutela piena prevede:

a)      La reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro;

b)      Un’indennità commisurata all’ultima retribuzione utile al TFR per tutti i mesi trascorsi dalla data dell’illegittimo licenziamento alla data di reintegrazione nel posto di lavoro, dedotto l’eventuale aliunde perceptum (retribuzioni percepite dal lavoratore, nel medesimo periodo, per altra occupazione). L’indennità minima è comunque almeno pari a 5 mensilità;

c)      La condanna del datore di lavoro al pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali per il periodo in cui il lavoratore non è stato impiegato in azienda.

In questi casi, entro 30 gg. dalla comunicazione del deposito della pronuncia giudiziale o, se precedente, dall’invito del datore di lavoro a riprendere servizio, il lavoratore, fermo restando il diritto al risarcimento del danno, potrà chiedere un’indennità sostitutiva della reintegrazione (non assoggettata a contribuzione) pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione utile a TFR. Diversamente, trascorsi 30 gg. dalla comunicazione del deposito della pronuncia giudiziale o, se precedente, dall’invito del datore di lavoro a riprendere servizio, il lavoratore non abbia preso servizio, il rapporto di lavoro s’intenderà risolto.

Si potrà, invece, attivare una tutela attenuata allorquando in caso di licenziamento intimato per giusta causa o giustificato motivo soggettivo (in cui non si verifichino ipotesi di cui alla tutela piena), il Giudice accerti l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore. A tal proposito, è stato specificato nel decreto che circa l’accertamento del Giudice, resta estranea ogni valutazione in merito all’eventuale sproporzione del licenziamento (ndr: precisazione molto utile). La tutela attenuata (esclusivamente attivabile in danno di aziende che soddisfino il requisito dimensionale di cui all’art. 18, comma 8 e 9, L. 300/1970*) prevede:

a)      La reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro;

b)      Un’indennità commisurata all’ultima retribuzione utile al TFR per tutti i mesi trascorsi dalla data dell’illegittimo licenziamento alla data di reintegrazione nel posto di lavoro, dedotto l’eventuale aliunde perceptum (retribuzioni percepite dal lavoratore, nel medesimo periodo, per altra occupazione) oppure percipiendum (retribuzioni che il lavoratore avrebbe potuto percepire se avesse accettato una congrua offerta di lavoro). L’indennità massima non può comunque superare le 12 mensilità;

c)      La condanna del datore di lavoro al pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali per il periodo in cui il lavoratore non è stato impiegato in azienda (senza l’applicazione di sanzioni per omissioni contributive).

In questi casi, entro 30 gg. dalla comunicazione del deposito della pronuncia giudiziale o, se precedente, dall’invito del datore di lavoro a riprendere servizio, il lavoratore, fermo restando il diritto al risarcimento del danno, potrà chiedere un’indennità sostitutiva della reintegrazione (non assoggettata a contribuzione) pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione utile a TFR. Diversamente, trascorsi 30 gg. dalla comunicazione del deposito della pronuncia giudiziale o, se precedente, dall’invito del datore di lavoro a riprendere servizio, il lavoratore non abbia preso servizio, il rapporto di lavoro s’intenderà risolto.

Diversamente, nei casi in cui un Giudice dovesse accertare che non ricorrono gli estremi del licenziamento intimato per giusta causa o giustificato motivo, la tutela standard prevede:

a)      L’estinzione del rapporto di lavoro alla data del licenziamento;

b)      Indennità di licenziamento, non soggetta a contributi previdenziali, pari a 2 mensilità dell’ultima retribuzione utile a TFR per ogni anno di anzianità di servizio. Ciò con un minimo di 4 ed un massimo di 24 mensilità.

Qualora l’ azienda in questione non soddisfi il requisito dimensionale di cui all’art. 18, comma 8 e 9, L. 300/1970*, l’entità dell’indennità è dimezzata con il limite massimo di 6 mensilità.

In ultimo, qualora un licenziamento dovesse peccare esclusivamente a livello formale (mancata indicazione della comunicazione nella lettera di licenziamento oppure nella procedura disciplinare) la tutela minima prevede:

a)      L’estinzione del rapporto di lavoro alla data del licenziamento;

b)      Indennità di licenziamento, non soggetta a contributi previdenziali, pari a 1 mensilità dell’ultima retribuzione utile a TFR per ogni anno di anzianità di servizio. Ciò con un minimo di 2 ed un massimo di 12 mensilità.

Qualora l’ azienda in questione non soddisfi il requisito dimensionale di cui all’art. 18, comma 8 e 9, L. 300/1970*, l’entità dell’indennità è dimezzata con il limite massimo di 6 mensilità.

In ogni caso, il datore di lavoro ha facoltà di revocare il licenziamento entro il termine di 15 gg. dall’eventuale impugnazione. In questi casi, il rapporto di lavoro s’intende ripristinato senza soluzione di continuità con diritto da parte del lavoratore di percepire la retribuzione per i giorni di lavoro non prestati.

Novità molto interessante introdotta dal decreto in esame è quella disposta all’art. 6 in tema di “offerta di conciliazione” secondo cui il datore di lavoro, al fine di evitare un giudizio sulla legittimità del licenziamento disposto, entro i termini d’impugnazione stragiudiziale, in apposita sede c.d. protetta, può offrire al lavoratore un importo che non costituisce reddito imponibile né ai fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche e né contributivi, pari ad 1 mensilità utile a TFR  per ogni anno di servizio (con un minimo di 2 ed un massimo di 18 mensilità) mediante consegna di un assegno circolare intestato al lavoratore. L’accettazione da parte del lavoratore comporta l’estinzione del rapporto di lavoro alla data di licenziamento, nonché rinuncia all’impugnazione qualora già proposta. Qualora la conciliazione dovesse porre altresì rimedio ad ulteriori istituti che non siano legati al licenziamento, non sono altresì previste le agevolazioni fiscali e contributive anzi dette.  Per attuare questo sistema è previsto che a breve verrà integrata la comunicazione al Centro per l’impiego di risoluzione del rapporto di lavoro con una successiva comunicazione, da inoltrarsi entro 65 gg. dalla cessazione nella quale venga indicato se c’è stata o meno conciliazione. L’omissione di detta comunicazione integrativa sarà sanzionata esattamente come l’omissione della comunicazione di risoluzione al Collocamento.

In chiusura il decreto specifica che in caso di cambi d’appalto l’anzianità di servizio tiene conto di tutti i rapporti conseguitisi nel tempo e che ai fini del calcolo delle indennità i mesi con più di 15 gg. contano come mese intero.

Data rilascio: 23.2.2015