Decreto dignità…ritorno al passato

Con riferimento a quanto deliberato ieri sera dal Consiglio dei Ministri, sotto il nome di “Decreto dignità”, di seguito ci accingiamo a fare il punto della situazione.

Per prima cosa non può non notarsi l’ennesimo abuso dell’uso di decretazione d’urgenza per temi i quali, diversamente, non rispondono realmente al requisito dell’urgenza e soprattutto necessiterebbero di ampio dibattito parlamentare e, perché no, di confronto con le parti sociali (visti gli importanti risvolti sulla carne viva delle persone).

Ad ogni modo, trattandosi di decreto legge, cogliamo l’occasione per ricordare a tutti e subito che:

  • prima dell’effettiva entrata in vigore del decreto legge si dovrà attendere la firma del Capo dello Stato e soprattutto la successiva pubblicazione in Gazzetta ufficiale;
  • una volta entrato in vigore il decreto legge esso sarà provvisoriamente esecutivo, in quanto il provvedimento nei successivi 90 gg. sarà presentato alle Camere per espletare l’iter relativo all’eventuale conversione in legge.

Nel merito, il decreto contiene disposizioni anche di rilevanza laburistica tra le quali spiccano novazioni all’impianto vigente in tema di:

  1. risarcimento danni da licenziamento illegittimo;
  2. contratto a tempo determinato;
  3. somministrazione di lavoro.

Procediamo con ordine.

Per quanto attiene i contratti a tutele crescenti, viene innalzato da 24 mesi a 36 mesi l’indennizzo che il Giudice può liquidare a favore del lavoratore ritenuto illegittimamente licenziato.

Passando al contratto a tempo determinato, come anticipato nel nostro titolo siamo difronte ad un vero e proprio “ritorno al passato”.

Nel dettaglio, infatti, il decreto c.d. dignità prevede che si possa fare ricorso al contratto a tempo determinato acausale fino ad un massimo di 12 mesi (contro i 36 mesi oggi possibili) e saranno consentite un massimo di 4 proroghe, al costo contributivo dello 0.50% in più cadauna (tot. 2% in più di costo), per periodo massimo e complessivo di 24 mesi, specificando una delle seguenti causali consentite:

  • esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività del datore di lavoro, o per esigenze sostitutive;
  • esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria;
  • esigenze relative alle attività stagionali di cui all’art. 21, comma 2 del d.lgs. 81/2015 e a picchi di attività.

Tali disposizioni normative, una volta entrato in vigore il decreto dignità, si applicheranno esclusivamente ai contratti a tempo determinato preesistenti, se oggetto di rinnovo, nonché, ovviamente, ai nuovi contratti a tempo determinato.

In ultimo, il decreto dignità, così per come concepito, decreterà la morte della quasi totalità (stima prudente) delle società di somministrazione visto ad es. il limite del 20% dei contratti a tempo determinato stipulabili. E’ di tutta evidenza che imporre un limite del genere alle società di somministrazione non può che comportare di fatto l’impossibilità di operare da parte delle stesse.

Una chiosa finale. Oggi i dati ISTAT pubblicati relativi al mese di maggio 2018 comunicano un tasso di disoccupazione al 10,7%, un risultato importante al raggiungimento del quale, ovviamente, hanno contribuito tante recenti disposizioni normative tra le quali indubbiamente anche quella relativa ai contratti a tempo determinato.  Siamo certi che il testo del decreto dignità subirà notevoli ed importanti modifiche ed integrazioni quantomeno in fase di conversione.

Data rilascio: 3.7.2018